top of page

Educazione emotiva in Naturopatia, tra Medicina Tradizionale Cinese e Natura

  • Immagine del redattore: Agnese Galli
    Agnese Galli
  • 4 mag 2023
  • Tempo di lettura: 10 min

ree

Cosa si intende per educazione emotiva?


L’educazione emotiva, chiamata anche alfabetizzazione emotiva, ha lo scopo di insegnare a tutti, piccoli e non, cosa sono le emozioni, a cosa servono, come esprimerle e a gestirle in modo consapevole: acquisendo ad ogni età queste conoscenze si può capire meglio se stessi e gli altri sul piano emotivo.


Solo ultimamente alle nuovissime generazioni si cerca di introdurre una sana educazione emotiva, tramite libri e letture che ora finalmente si possono trovare sugli scaffali delle librerie, oppure avviando un’educazione dolce e libera in cui il bambino può crescere sviluppando al meglio le proprie emozioni e soprattutto la propria convivenza con esse. Purtroppo questo approccio non è sempre stato così, anzi tuttora non è sempre così. La mancanza di un’educazione emotiva sana, porta confusione, insicurezze, incomprensioni verso sé stessi e gli altri, porta bambini, giovani adulti e adulti da un pezzo a sentirsi soli, incompresi, nel loro vortice emotivo e nel loro sentire.


Bisognerebbe trattare l’educazione emotiva a scuola come fosse una materia come le altre, come la matematica, la grammatica o l’inglese. Non è forse la lingua più importante che dobbiamo comprendere quella delle nostre emozioni?


Padroneggiare o quantomeno comprendere cosa sono le emozioni è uno strumento enorme, che andrebbe insegnato a tutti. Ma oggi è davvero così? Abbiamo o abbiamo avuto davvero tutti un’educazione emotiva salda da poterci permettere più comprensione verso noi stessi e verso il nostro sentire?


Purtroppo a mio parere la risposta è negativa. Nella nostra società non c’è tanto spazio per queste tematiche o per lo meno quando è presente è poco sufficiente o per lo più confusionario. Oggi, invece, viviamo letteralmente in un dramma emotivo; sapete come ho a cuore la salute mentale: le nuove generazioni ne soffrono tantissimo e forse la generazione a partire dalla mia ha introdotto con insistenza questa tematica come richiesta di un bisogno concreto per cui ancora esistono pochi aiuti se non in casi estremi, ma finalmente “ansia” per lo meno è diventata una parola accettabile senza più dover essere un tabù. Le cause della crisi di oggi a livello di salute mentale sono molteplici, non è su questa tematica su cui mi soffermerò in questo articolo come riflessioni perché andrei a sfociare in altro, ma sono pienamente convinta che poter conoscere le proprie emozioni a qualsiasi età vuol dire potersi prendere cura della propria salute mentale, perché se non tutto, tanto, può essere gestito con la prevenzione e la consapevolezza di ciò che ci accade sin da piccoli e poi a crescere; e soprattutto non dimentichiamo l’importanza della conoscenza e del poter dare un nome concreto alle cose, anche a quelle che ci accadono dentro, che rimangono invisibili ma che ci travolgono dal cuore alla mente fino a tutto il corpo.


Sorridendo poi mi chiedo anche sempre nella società occidentale in cui viviamo come vengano viste queste emozioni. Incominciamo con la rabbia, la mia preferita, spesso viene vista solamente come un qualcosa di assolutamente terribile, da nascondere, cancellare, fastidiosa, pericolosa, qualcosa che non sta bene, soprattutto se sei una donna, qualcosa che lede allo spirito e al cuore. Passiamo all’amata felicità della nostra cultura, interpreta sempre come positiva, senza far distinzione tra serenità, felicità, gioia o eccitazione: viene buttata lì in un calderone di macro sentimenti, è accettata, è quasi esclusiva, cool, fino ad arrivare a una vera e propria “positività tossica” come metodo di pensiero. Arriva poi la tristezza, la malinconia, una fase depressiva, anche qui trattata tutto in un unico insieme, ma sicuramente in questo caso da nascondere, da non “fotografare”, da non dare spessore, o comprendere, non c’è il tempo per essere tristi, non è ok, non è figo (permettetemi il termine) da postare su un social. Un po’ come le lacrime non permesse ai bambini al di sopra dell’età prescolare: “Boys don’t cry” cantavano i The Cure. Viene poi l’ansia, fino alla paura, incompresa seppur così fisica e alle volte debilitante, è una cosa da “femmine” o da “bambini”, non è concessa a tutti soprattutto se non ha una causa apparente o “sufficientemente” valida. Poi c’è tutto quel vortice di pensieri, la preoccupazione, una mente affollata, oggi ben troppo esposta a mille e più sollecitazioni esterne, una mente stanca, che si fa carico di castelli di carta solidi, che nemmeno un pugno riuscirebbe ad abbattere se si entra poi nell’ossessione.


Le emozioni sono facili da nascondere dietro un falso sorriso, dietro un “va tutto bene” leggero e veloce. Sui social vediamo costantemente immagini positive, o false positive, è famosa e così vera la frase: “siamo una generazione triste, piena di foto felici” e questa è purtroppo la sintesi della falsità che può essere internet, nella finzione contemporanea in cui tutti veniamo travolti e ancor più confusi.


Inoltre l’emozioni dovute a qualcosa, ad un lutto, ad un’azione causa-effetto, sono più comprensibili e accettate, ma anche qui, in occidente, non c’è dato tempo di fermarsi giusto? un lutto? due giorni di malattia a dir tanto, oppure nemmeno, visto realmente come un vanto il non fermarsi: lavorare, produrre, andare avanti. Come se fosse quello l’importante.


E quando non c’è un motivo? Ecco: li arriva il caos, l’incognito, la vera solitudine e l’incomprensione.


Sbalzi di umore montagne russe emotive, gravi o mento, tutto sotto il tappeto, tutto dentro, compresso.


Ma io la speranza ce l’ho che qualcosa si stia finalmente aprendo, che forse non è tutto invano. Tanti iniziano con coraggio a parlarne perché la richiesta è troppa, perché comprendere che non si è soli, che le emozioni le proviamo tutti, è un passo verso la comprensione e tramite la comprensione possiamo imparare a saperle fluire. Ricordiamoci per dopo questa parola: fluire, scorrere.


Ma è per tutti così?


Fortunatamente no, fortunatamente ci viene in aiuto come sempre a regalarci una prospettiva diversa la Medicina Tradizionale Cinese, che usa l’analogia e osserva la natura per portarci ricche osservazioni in più. In Medicina Tradizionale Cinese anche l’emozioni vengono viste come ogni elemento con una parte Yin e una parte Yang e vengono associate a uno dei Cinque Movimenti (legno-fuoco-terra-metallo-acqua) e possono essere sintomo di malattia (mentale e fisica senza distinzioni). Per questo articolo vorrei parlassimo della loro visione più teorica che penso ci verrà molto in aiuto.


Ricordiamo inoltre che in medicina tradizionale cinese viene difficile separare emozioni, pensieri e corpo, non si può parlar degli aspetti psichici senza incontrare anche il corpo. Tanto è vero che un’emozione noi la sentiamo con tutto il corpo, ci travolge letteralmente.


La collera, l’ira, la rabbia è associata al movimento del Legno, esso simboleggia il movimento, lo slancio primaverile, la primavera stessa, la crescita, la stimolazione e l’armonizzazione. Ovviamente può essere anche conflitto, come un vento tempestoso che smuove le foglie e le lascia entrare in casa, sradica gli alberi e li rovescia a terra. È lo Yang che nasce, cresce e si manifesta. Proprio il Legno è sempre correlato al Fegato, la rabbia nuoce infatti il Fegato e il Cuore (del movimento Fuoco, ma ricordiamoci che il Cuore, da intendere sempre tramite la visione della Medicina Tradizionale Cinese quando cito e citerò ogni organo, ritornerà come il nocciolo di tutte le emozioni - centro della “coscienza di sé”). Sempre per analogia, prendendo spunto, potremmo però pensare a una collera benefica se domata, se liberata, se quelle stesse foglie non fossero lasciate entrare nella nostra casa. La stessa rabbia può essere trasformata e re-incanalata in forza creatrice. Senza di essa non ci sarebbe anche la nostra primavera, il punto giusto è sempre quello di bilanciare l’emozioni e di saperle comprendere e lasciarle scorrere. La sua spinta positiva è quella di rimettersi in moto, come rinascita, è una vera e propria decisione di libertà.


La felicità o gioia è associata al movimento del Fuoco, di cui fa parte anche l’organo Cuore e la sua stagione è l’estate. Questa emozione quando è moderata anche in Medicina Tradizionale Cinese esprime la circolazione armoniosa dell’energia vitale della persona. Ma questa gioia viene percepita senza eccessi, lontana dalla concezione occidentale, una serenità armoniosa dell’essere in vita, che riporta nel presente. Quando da gioia passiamo dunque ad un suo eccesso abbiamo una vera propria eccitazione, nel piccolo, come esempio basti pensare a una notte prima di una giornata che attendiamo da molto, se abbiamo troppa felicità nel corpo questo eccesso non ci farà dormire e disturberà il nostro sonno, per non parlare invece in quei casi di sovraeccitazione veri e propri, che possono portare agitazione, confusione mentale, fino esagerando e sfociando nelle psicopatologie a stati maniacali. Ricordo ancora nei primi anni di studi come questa concezione di Gioia in eccesso mi aveva letteralmente aperto gli occhi su molto, è così lontano da noi pensare che qualcosa che percepiamo come per forza positivo possa in realtà non esserlo se non equilibrato e il segreto è tutto sempre lì nell’equilibrio delle nostre energie e delle nostre emozioni.


La paura è correlata all’elemento Acqua: in cui ritroviamo i Reni, la stagione dell’inverno in un movimento di chiusura o meglio di raccolta, solidità, di Yin. Per la Medicina Tradizionale Cinese la paura è l’emozione che più di ogni altra lede al nostro essere. Questo perché la paura, il timore tolgono stabilità, fermezza e la capacità di realizzazione della propria forma individuale. Per questo riconoscerla, permetterci di esprimerla, di lasciarle il suo spazio, anche trattenerla, contenerla per poi lasciarla scorrere, per tornare alla stabilità che ci dona forza radicante è così importante. Paura o capacità realizzatrice, sono l’opposto del radicamento, ricerchiamo la quiete con la meditazione per ritornare alla potenzialità della persona.


La tristezza è legata al movimento del Metallo, collegato alla stagione dell’autunno, momento di ritorno dell’energia, dopo il pieno di Yang dell’estate si passa verso un’azione più di chiusura, più di Yin. È proprio questo movimento di chiusura all’interno che può creare tristezza, malinconia, dispiacere, afflizione. Si manifesta come dispiacere di un lutto, di una rottura vera e propria, di una perdita di qualsiasi tipo. E in questo caso ricercarla e darsi il tempo per viverla questa chiusura è fondamentale per ritornare ad un’energia più “solare”. La tristezza ha una natura di riposo, così come riposa la natura durante l’inverno, è importante e giusto darle il suo spazio e il suo tempo di vita per poi noi rinascere.


Rimugino, fissazione, troppo pensare sono correlati all’elemento Terra, legato alla stagione della tarda estate o ai movimenti di mezzo, interessante perché lo stesso Elemento è legato allo stomaco e alla milza, alla capacità di digerire. Il pensiero è utile così come la memoria, il luogo in cui l’io si struttura, si arricchisce e si trasforma. Ma se questo pensiero eccede, come tutti gli eccessi, porta al rimuginare, <<proprio come un cibo non digerito che insiste nella nostra coscienza>>, il suo eccesso porta la nostra fissazione al centro, diventando una ruminazione continua se non una vera e propria ossessione, in questo caso da alleggerire, da digerire, da eliminare. Togliere pesantezza per poi ridare forma ai pensieri e creare un’identità di sé, un’immagine nuova di sé.


Spero che questa visione lontana alla nostra occidentale abbia potuto donarvi una prospettiva diversa in campo di emozioni; informazioni nuove da poter accogliere e ritrovare nella quotidianità di tutti i giorni qualora una qualsiasi emozione ci faccia compagnia.


Vorrei inoltre aggiungere altri punti di vista differenti in questo mare di emozioni, in questa prima parte abbiamo parlato di Rabbia, Goia, Paura, Tristezza, Rimugino, come macroelementi, cercando di analizzare il loro arrivo e i loro movimenti accennando ai lori eccessi e vuoti, parlando di equilibri, senza però davvero considerare le loro mille sfumature; in questo, fortunatamente, sempre la naturopatia ci viene in contro e ci aiuta, tramite studi e riflessioni su quello che è il nostro macrocosmo emotivo. Spero così che questi prossimi esempi possano farvi capire nuovamente la vastità del nostro essere e gli aiuti che ci vengono offerti dalla naturopatia.


Ripartiamo allora con gli studi del dottor Edward Bach, semplificando, egli associa a ogni fiore un’azione che viene a sua volta riflessa in un individuo: quest’azione può essere in una fase negativa o positiva; parlando di paura, le affronta nelle sue più e mille sfaccettature: paura, preoccupazione, angoscia… per cosa? Per quale motivo? Paura di perdere il controllo, i propri cari, paura nel relazionarsi con gli altri, paura di qualcosa di sconosciuto o di conosciuto, paura che un qualcosa di negativo possa risuccedere, panico vero e proprio ecc.; Ogni tipo di emozione sarà così trattata con un fiore diverso preso dagli studi sui Fiori del Dottor Edward Bach.


Inoltre ma non meno importante le nostre bellissime piante officinali ci donano sotto alcuni tipi di estrazione i fitocomplessi, ovvero saranno usate non solo come pura chimica erboristica pronta a trattare un certo fastidio-sintomo e ad annientarlo con un principio attivo, ma tramite il loro studio più profondo verranno prese come rimedi d’insieme di quello che è il mondo che rispecchia quella pianta officinale, un insieme dei suoi principi attivi, che possono poi rispecchiarsi alla persona, andando a trattare anche in questo caso emozioni e stati d’animo totalmente differenti. Così ad esempio la tristezza che andrò a curare con una Passiflora non sarà mai la stessa di quella che tratterò con un Iperico TM o con un Avena TM e così via.


Per questo il naturopata fa sempre così tante domande, perché tramite i suoi studi ha in mano rimedi che davvero non guardano il microcosmo ma si affacciano al nostro essere come un vero universo fatto da mille sfaccettature così come è la natura intorno a noi. Questa magica complessità di diversità è il dono che ci da la natura, il vero strumento del naturopata. E quello che possiamo fare noi come persone è iniziare a soffermarci e a studiare quello che accade dentro di noi, a dare un nome preciso alle nostre emozioni, a comprenderle a vederle in noi e negli altri, così da poter prima di tutto averne coscienza e poi intraprendere meglio il percorso di benessere più adatto a noi.


L’importanza di dare un nome a qualcosa è incolmabile, ci fa sentire meno soli, insicuri, ci fa stare bene, per questo credo nell’educazione emotiva e grazie alla naturopatia credo nei suoi doni dati dalla natura dalla fitoterapia alla medicina tradizionale cinese, dai fiori di Bach all’alimentazione, dagli oligoelementi a stili di vita e igiene ecc. E credo nella sua teoria così riflessiva nelle sue materie, così totalizzante e microscopica in ogni aspetto del sentire e dell’essere, così da permetterci di conoscerci e conoscere sempre di più.


Infine come piccolo grande annuncio vorrei dirvi che per questo da oggi vorrei iniziare con voi questo percorso di educazione emotiva insieme alla naturopatia, stagione dopo stagione affronteremo una macro emozione (chiamiamole così a questo punto). Inizieremo dalla rabbia, ora che siamo in primavera, per poi finire con la paura il prossimo inverno, tramite i miei social, il blog e Instagram vorrei potervi dare gli strumenti secondo i miei studi e le mie capacità per parlarne e comprendere al meglio il nostro mare emotivo e dunque vivere ogni emozione sapendola trattare, contenerla per poi lasciarla fluire e scorrere.


Riferimenti bibliografici:

I colori del cuore – la psicologia secondo l’energetica classica cinese – M. Schmid – Edizioni Enea;

I fondamenti della medicina cinese – terza edizione – G. Maciocia – Edizioni Edra;

 
 
 

Commenti


bottom of page